14.01.2014 21:09

Biografia di Primo Levi

Primo Levi è stato sempre molto legato, nel corso della sua vita, al Liceo classico “Massimo D’Azeglio” di Torino, sia come studente sia come genitore (i suoi figli, Lisa e Renzo, hanno infatti frequentato questo Istituto).
Dopo essersi preparato privatamente, Levi affronta nell’ottobre 1930 l’esame di ammissione alla classe seconda Ginnasio: per problemi di salute i genitori avevano scelto di non iscriverlo alla prima Ginnasio. L’esame è superato brillantemente (lo studente viene valutato con “otto” in tutte le discipline).

Nell’anno scolastico 1930-1931 inizia così la sua carriera scolastica al “D’Azeglio”: Primo Levi è iscritto nella sezione A per tutto il corso di studi del Ginnasio inferiore (1930-1931 e 1931-1932) e di quello superiore (1932-1933 e 1933-1934). Tra i compagni di quegli anni, Fernanda Pivano, la futura traduttrice di Hemigway e studiosa della letteratura anglo-americana. Primo è uno studente modello: si racconta che la sua insegnante di lettere del Ginnasio inferiore, Anna Borgogno, abbia detto in classe che un giorno sarebbe stata posta una targa con su scritto «Qui ha studiato Primo Levi», presagendone la futura fama. Le valutazioni in tutte le discipline sono alte, in genere almeno “sette”, spesso “otto” o “nove”. Solo in educazione fisica viene quasi sempre valutato “sei”: in quarta Ginnasio, però, ottiene il voto “otto” nel secondo e nel terzo trimestre. Primo studia l’italiano, il latino (e nel Ginnasio superiore anche il greco), il francese, la storia, le geografia e la matematica.
Alla fine dell’anno scolastico 1933-1934 supera l’esame conclusivo del corso ginnasiale e può così iscriversi al Liceo.
Il 15 dicembre 1932 si riunisce il collegio degli insegnanti per assegnare il premio “Giuseppe Cesare Damilano” che deve essere, da regolamento, attribuito all’alunno appartenente alle organizzazioni giovanili che avendo frequentato il corso inferiore del Ginnasio - al “D’Azeglio” - riporterà il miglior esito in unica sessione d’ammissione al Ginnasio superiore”. Primo ha terminato il Ginnasio nell’estate del 1932, ottenendo una media molto alta, per cui risulta secondo nella graduatoria d’Istituto dopo Ennio Artom. Ma né Ennio Artom né lui sono iscritti alle organizzazioni giovanili del Partito fascista. Il premio sarà così ottenuto da Maria Luisa Guglielminetti, terza in graduatoria.

Negli anni del Liceo, Primo Levi è iscritto alla sezione B, mentre Fernanda Pivano rimane nella sezione A. Vengono formate, infatti, due classi prime: una mista (la prima A) e una solo maschile (la prima B), composta di ben 37 allievi. Primo, quindi, non ha la fortuna, che tocca invece a Fernanda Pivano, di avere come insegnante di italiano in prima Liceo Cesare Pavese, che non terminerà però l’anno scolastico perché arrestato nel maggio 1935 dalla polizia fascista.
Tra i compagni di quella prima Liceo del 1934-35, Ennio Artom, fratello di Emanuele, studente decisamente brillante, autore della voce “giudaismo” per l’Enciclopedia Utet a quindici anni, che sosterrà l’esame di maturità in anticipo rispetto ai suoi compagni e che morirà molto giovane, a soli vent’anni, in un incidente in montagna. Tra gli insegnanti, Azelia Arici, docente di italiano, con cui Primo vivrà un rapporto difficile, data la formazione crociana della docente, volta a svalutare il sapere scientifico che, invece, Primo in quegli anni comincia ad apprezzare sempre di più.

Altri insegnanti sono Giorgina Pangella, la “signorina Pangella”, docente di scienze, a cui lo scrittore ricorda di aver rivolto «delle domande imbarazzanti a cui lei non sapeva rispondere», e ancora don Lorenzo Coccolo, docente di latino e greco, oggetto di scherzi da parte della numerosa e scalmanata classe maschile.
Negli anni del Liceo, Primo continua ad essere uno studente modello: a parte qualche “sei” in italiano – e un “cinque” in italiano scritto nel primo trimestre della seconda Liceo - i suoi voti sono generalmente alti. L’educazione fisica rimane il fanalino di coda. A partire dal terzo trimestre della seconda Liceo (anno scolastico 1935-1936), nel registro generale dei voti è indicata una nuova disciplina: la cultura militare. Un ufficiale teneva, agli studenti del tempo, un corso di storia e tecnica militare. Anche in questa materia le valutazioni ottenute da Primo Levi sono alte.
Negli anni del Liceo, Primo Levi collabora alla stampa dazeglina. In quegli anni sono pubblicati una serie di numeri unici che comprendevano articoli sulla vita dell’Istituto, poesie, caricature di studenti e professori. In “Dazeglio sotto spirito”, numero unico del 1937, sono presenti una caricatura di Primo Levi, un elenco di “libri non ricevuti”, tra cui si cita un “Levi Primo: Lo sviluppo. Ed. Mingherlini” che si dice “esaurito”, e, soprattutto, la prima poesia di Levi “Voi non sapete studiare”.

Alla fine dell’anno scolastico 1936-1937 Primo Levi sostiene l’Esame di Maturità: la commissione è presieduta da Augusto Rostagni, illustre docente di letteratura latina all’Ateneo torinese. Primo si trova nuovamente a fianco della sua compagna degli anni ginnasiali, Fernanda Pivano, con la quale vivrà la stessa delusione. I due futuri scrittori, infatti, saranno valutati negativamente nello scritto d’italiano – Primo otterrà “tre” - e dovranno ripetere la prova nella sezione autunnale. La Pivano, ne “I miei quadrifogli” (Frassinelli, 1999), attribuisce la causa dell’insuccesso alla presenza di un commissario di italiano fascista, il professore bresciano Carlo Pasero, che non apprezzò i temi non allineati dei due studenti. Primo Levi, invece, nel racconto “Fra Diavolo sul Po” ricorda di aver ottenuto una valutazione adeguata al suo lavoro: pochi giorni priva di sostenere l’esame aveva ricevuto la cartolina precetto e aveva dovuto presentarsi per la visita di leva in Marina all’attracco degli idrovolanti sul Po. Tutto ciò l’aveva turbato al punto da non permettergli di svolgere un tema accettabile; trascorrerà l’estate a ripassare l’italiano sotto la guida di Umberto Cosmo e supererà finalmente l’esame, con la Pivano, nella sessione autunnale. Si arruolerà anche, per evitare la leva di mare e poter continuare i suoi studi, nella MVSN, da cui presto sarà però allontanato in conseguenza delle leggi razziali del 1938.

Ma la storia di Primo Levi e del “D’Azeglio” non termina con l’Esame di Maturità. Lo scrittore tornerà tra le mura dell’Istituto come genitore dei figli Lisa e Renzo. Nel 1975, con l’applicazione dei Decreti Delegati che introducono nella istituzioni scolastiche forme di partecipazione di studenti e genitori, Primo Levi diviene primo Presidente del Consiglio d’Istituto, in un momento in cui la scuola è fortemente scossa da un clima di contestazione: una delle prime decisioni del Consiglio, rinnovando “l’impegno antifascista del Liceo, sempre distintosi, anche durante la dittatura, per la ferma posizione democratica dei suoi insegnanti e dei suoi studenti”, è quella di ricordare ufficialmente il 25 aprile con un’assemblea aperta sul tema “Resistenza ieri e oggi”, “denunciando il grave clima di tensione creato in tutta la nazione da provocatori collegati alla strategia della tensione.”
Tra gli argomenti oggetto d’attenzione delle innumerevoli sedute del Consiglio d’Istituto dei mesi tra l’aprile del 1975 (Primo Levi fu eletto Presidente nelle prima riunione, il 2 aprile) e l’ottobre 1976, quando lo scrittore dovette lasciare la sua carica perché il figlio Renzo aveva terminato gli studi liceali, si ricorda, in particolare, il problema della pubblicità delle sedute, oggetto di contenzioso col Ministero che non prevedeva sedute aperte al pubblico, come, invece, proponevano i consiglieri del “D’Azeglio”. È possibile ritrovare l’eco di questa discussione sulla stampa del tempo. Altri problemi trattati furono quello della sperimentazione, dell’istituzione di corsi facoltativi, della giustificazione degli studenti in sciopero, della presenza di studenti fascisti nelle assemblee.
Primo condivideva l’idea che attraverso la partecipazione democratica di ciascun componente della scuola l’istituzione stessa potesse essere migliorata, anche se, con la ritrosia che lo caratterizzava – secondo il ricordo dei testimoni di quegli anni –, non mostrava facili entusiasmi. In un caso, però, fece valere la propria autorità morale: quando si discuteva del regolamento dell’assemblea degli studenti, suggerì di sostituire la frase «essendo l’assemblea il momento di maggior democrazia... non sarà lasciato spazio ai fascisti» con «non sarà lasciato spazio alle proposte fasciste». Colui che aveva sperimentato sulla propria pelle gli orrori del fascismo, pur nella ferma riprovazione dei principi, sosteneva, ancora, la possibilità del dialogo...

Giorgio Brandone
Liceo Classico “D'Azeglio”

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