Giacomo Leopardi
Giacomo Leopardi
Nacque a Recanati nel 1789 da una famiglia nobile. Sotto la guida di precettori privati si dedicò allo studio della letteratura italiana e delle lingue classiche impegnandosi sin da bambino in uno studio “matto e disperatissimo” ; la sterminata biblioteca paterna gli permise di assecondare il suo innato amore per la conoscenza. A Recanati maturò anche la sua precoce vocazione poetica che lo portò a comporre le sue prime poesie nel 1818-19. Divenuto ben presto insofferente al chiuso ambiente del suo luogo natale nel 1822, nonostante la salute malferma,dopo ripetuti tentativi di fuga, riuscì ad ottenere di essere ospitato dagli zii a Roma, dove però incontrò amare delusioni sia sul piano umano che su quello intellettuale. Ritornato a Recanati, iniziò la stesura delle Operette morali, poi si trasferì a Milano, Bologna e Firenze, dove venne in contatto con i più illustri intellettuali del tempo, e infine a Pisa. Peggiorate le sue condizioni di salute, tornò di nuovo a Recanati, dove scisse alcune delle sue liriche più belle; si trasferì, infine, a Napoli presso l’amico Antonio Ranieri, e in questa città morì a soli 39 anni.
Tutte le sue poesie furono raccolte e pubblicate sotto il titolo Canti. La sua opera comprende anche lo Zibaldone, un diario in cui per venti anni annotò ragionamenti, riflessioni e pensieri che toccano sia temi personali, di vita quotidiana, sia di critica letteraria, oltre ad un ricchissimo Epistolario.
L’opera di Leopardi trova le sue radici da un lato nel suo paese natale, Recanati, amato ed odiato nello stesso tempo, che costituisce uno degli elementi costanti di tutta la sua poesia, dall’altro nel senso di esclusione e di profonda solitudine che il poeta avvertì nei confronti del mondo e delle persone che lo circondavano e che espresse nella propria opera.
La vita poco felice e la grande sensibilità gli diedero modo di riflettere, ancora adolescente, sulla vita e sul significato dell’esistenza; giunse però ben presto ad ampliare la propria riflessione da un piano personale ad uno più generale, universale, elaborando una visione estremamente pessimistica della vita e dell’umanità.
Per Leopardi l’uomo è destinato inevitabilmente e senza rimedio alla sofferenza. Prima responsabile di questo stato di cose è la natura, che viene considerata dal poeta in maniere assai diverse durante le fasi di formazione e maturazione del suo pensiero. In un primo momento essa viene definita dal poeta come una madre benevola ed affettuosa, che cerca di coprire le tristi verità della vita reale con il velo delle illusioni, dei sogni e delle fantasie . Gli uomini, pensa Leopardi , furono felici solo nell’età primitiva, quando vivevano a stretto contatto con la natura, ma quando cominciarono a servirsi della ragione e ad investigare sul mondo circostante scoprirono le leggi meccaniche che regolano la vita dell’universo e, con esse, il male, il dolore e l’infelicità dell’uomo. Ciò che è avvenuto nella storia dell’umanità si ripete nella storia di ciascun individuo quando dalla fanciullezza e dalla prima giovinezza, le età spensierate dei sogni e delle illusioni, quando il mondo appare pieno di incanto e di promesse, si passa all’età della ragione e alla scoperta del dolore e della sofferenza esistenziale.
E’ questo il periodo definito del “pessimismo storico”.
In seguito il poeta elabora una nuova visione della vita, sostenuta da quella che definisce “la teoria del piacere”. Secondo questa teoria l’anima umana desidera, per sua natura, la felicità , ma questo desiderio non può essere appagato perché l’animo umano non desidera qualcosa di definito che possa renderlo felice, ma desidera, invece, la felicità, che è un concetto astratto e non si può né definire, né veramente raggiungere ,quindi l’uomo non potrà mai conseguirla, ma è condannato ad uno stato di continua insoddisfazione . E’ questa la fase del “pessimismo psicologico”.
Successivamente Leopardi approfondisce le sue riflessioni sull’esperienza umana e scopre che la causa dell’infelicità degli uomini è proprio la natura, perché è essa che ha creato l'uomo con un profondo desiderio di felicità, pur sapendo che egli non l'avrebbe mai raggiunta. Così, di fronte alla natura, Leopardi assume un duplice atteggiamento: la ama per i suoi spettacoli di bellezza, di potenza e di armonia; la odia per il suo atteggiamento nei confronti degli uomini, fino a considerarla non più la madre benigna e pia (del primo pessimismo), ma una matrigna crudele ed indifferente ai dolori degli uomini, una forza oscura e misteriosa, governata da leggi meccaniche ed inesorabili.
Ci sono solo due forme di felicità che sono state concesse al genere umano : la prima è la speranza inconsapevole che si prova nella giovinezza, quando la vita, ancora tutta da definire, sembra preannunciarsi ricca di gioie e di soddisfazioni ; la seconda è la cessazione di un’infelicità ancora più grande, che fa sembrare gradevole anche la condizione dell’uomo.
Neppure la gloria, la fama, l’onore, che per Foscolo erano state , sì, “illusioni” ma illusioni significative, hanno più nessun significato per leopardi : all’uomo non resta che sopportare con grande dignità e quasi con eroismo la sorte che gli è stata assegnata e accettare le vicende del destino.
Ognuno di noi, tuttavia, attraverso la poesia può trovare conforto e comunanza con gli altri esseri umani che condividono la stessa sorte e la stessa consapevolezza.
La riflessione poetica di Leopardi si inserisce a pieno titolo nel Romanticismo europeo e nella tensione verso una dimensione spirituale ed inquieta dell’esistenza.
Pur partendo da posizioni assolutamente legate alla tradizione classica sia per linguaggio sia per forme metriche Leopardi innova profondamente l’uno e le altre, operando una vera rivoluzione poetica. Leopardi, per esempio, riprende la forma classica della “canzone” e la rinnova , lasciando i versi, endecasillabi e settenari, liberi da ogni vincolo di rima ( versi sciolti ) per creare un ritmo che assecondi il libero fluire delle sue riflessioni personali.
Un altro elemento di forza della poesia di Leopardi è il linguaggio che, pur essendo raffinato e presentando termini della tradizione colta ( es: verone per balcone, paterno ostello per indicare la casa del padre ) si associa a parole di uso quotidiano creando uno splendido equilibrio tra tradizione ed innovazione, tra ricercatezza e semplicità che esprime gli stati d’animo le sensazioni, i sentimenti, il paesaggio con straordinaria capacità evocativa.
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