La seconda guerra d'indipendenza
La II guerra d’indipendenza
Subito dopo la firma degli accordi di Plombières Cavour si adoperò per costringere l'Austria, con qualche pretesto, a dichiarare guerra al Piemonte.
Fu rafforzato l’esercito e furono disposte numerose truppe lungo il confine con la Lombardia, vennero concessi asilo e protezione ai patrioti che fuggivano in Piemonte dagli altri Stati italiani, e specie a quelli provenienti dai territori controllati dall'Austria.
Queste iniziative spinsero l'Austria ad inviare un ultimatum al Piemonte, imponendogli di disarmare l’esercito e congedare i volontari. Al rifiuto del governo piemontese, l'Austria rispose, come voleva Cavour, con la dichiarazione di guerra.
Ora la Francia poteva intervenire in appoggio dell’alleato. I Piemontesi , per prendere tempo, allagarono le risaie rallentando l’avanzata degli austriaci e quando i francesi giunsero in Piemonte, lo stesso Napoleone III si mise a capo degli eserciti regolari, affiancati dai “Cacciatori delle Alpi” di Garibaldi.
La funzione dei Cacciatori delle Alpi era quella di appoggiare gli eserciti regolari, che operavano nelle zone di pianura, con un’azione di disturbo e di aggiramento che ha anche lo scopo di mobilitare ed armare le diverse popolazioni liberate.
Dopo la battaglia di Magenta, nella quale gli austriaci subirono una clamorosa sconfitta, l'8 giugno Napoleone III e Vittorio Emanuele fecero ingresso trionfale nella città di Milano fra le acclamazioni della popolazione. Il 9 giugno il consiglio comunale di Milano votò l’annessione della Lombardia al Regno di Vittorio Emanuele II.
Il 24 giugno i franco-piemontesi vinsero due grandi battaglie combattute presso Solferino e San Martino. Al termine dello scontro gli Austriaci furono respinti oltre il fiume Mincio, dove potevano ricevere rinforzi dalle varie parti del loro vasto impero.
Intanto nell'Italia centrale si accendevano nuove rivoluzioni democratiche.
In Toscana, a Parma, a Modena, nelle Legazioni pontificie si formarono governi provvisori che offrivano a Vittorio Emanuele la reggenza degli Stati liberati anche se gli accordi di Plombières impedivano al re sabaudo di annettere queste regioni al Piemonte.
La situazione italiana preoccupò Napoleone III .Egli temeva, infatti, che , contrariamente a quanto stabilito negli accordi di Plombières, le regioni dell’Italia centro settentrionale , annettendosi al Piemonte, formassero uno stato unitario ed era anche preoccupato della possibilità che il Pontefice perdesse la propria autonomia ed il controllo sui territori che possedeva.
Napoleone III decise, perciò,di prendere contatti con Francesco Giuseppe per avviare colloqui di pace e l'8 luglio fu sottoscritto un accordo di sospensione delle ostilità. L'11 luglio i due imperatori si incontrarono a Villafranca e sottoscrissero un armistizio.
I preliminari di pace, discussi all'insaputa dei Piemontesi, prevedevano che l'Austria cedesse la Lombardia (con l'esclusione di Mantova e Peschiera) a Napoleone che a sua volta la consegnava al Piemonte; il Veneto restava all'Austria e la Francia garantiva il ritorno dell'ordine e delle antiche dinastie regnanti in Italia centrale; la Francia, infine, rinunciava a pretendere Nizza e la Savoia, non essendo stati rispettati gli accordi di Plombières.
Le decisioni di Villafranca furono inattuabili perché i governi provvisori, sostenuti dall’appoggio popolare, resistettero. Cavour riuscì ad ottenere da Napoleone il consenso alle annessioni al Piemonte dei Ducati di Modena e di Parma, del Granducato di Toscana, e delle Legazioni pontificie in cambio di Nizza e della Savoia, che vennero cedute ai Francesi
IN questo modo Vittorio Emanuele II divenne re dell’Italia settentrionale e centrale. Restavano fuori solo lo Stato Pontificio ed il Regno delle due Sicilie.
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